TEMA: L'EUROPA SENZA L'EUROPA

CRISI IN EUROPA O EUROPA IN CRISI?

Una serata di grande interesse quella con il nostro socio onorario Paolo Petiziol e presidente dell'Associazione Mitteleuropa nonché Console Onorario della Repubblica Ceca, sia per la stringente attualità del tema che per il livello del relatore.

Qui di seguito una sintesi del tema e dei motivi di riflessione che hanno aperto un ampio dibattito.

Sembra davvero lontano quel 1957 in cui, a Roma, Belgio, Germania, Lussemburgo, Olanda, Francia e Italia, firmarono il trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, atto di rilevanza epocale che avrebbe dovuto innescare un processo d'integrazione politica ed economica tale da determinare una nuova visione dei destini dei Popoli europei. Il risultato è ormai universalmente considerato deludente: un moloch burocratico che diffonde sempre più scetticismo e contrarietà.

Per la prima abbiamo visto nascere una moneta senza Stato, con conseguenze drammatiche sul nostro sistema di competitività finanziaria.

Sentiamo sempre più spesso parlare di Europa del nord e del sud, dell'est e dell'ovest, di Europa dei pigs (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) e dei goods, di nuova Europa e vecchia Europa. Clemens von Metternich, Ministro degli Esteri e Cancelliere dell'Impero d'Austria, nel suo disegno di costruire un'Europa unita, definì l'Italia un'espressione geografica. Oggi la stessa espressione appare attribuibile integralmente all'Europa. In tempi recenti, abbiamo udito anche la locuzione "Europa a due velocità", come se stessimo ragionando di un'autovettura. Da ciò la convinzione che l'Europa fosse più Europa un secolo fa, quando si andava in treno in giornata da Trieste alla Transilvania senza passaporto, la posta arrivava in tre giorni da Cracovia a Trieste, la moneta eragià unica, e d'oro.

Poi infuriò l'ubriacatura nazionalista, una pandemia che fece milioni di morti, deportazioni, odi, persecuzioni razziali che hanno rappresentato veri e propri genocidi. Nonostante ciò, lo Stato nazionale è ancora per molti un dogma di fede. La sola via che appare dare certezza è quella che rende nuovamente fertili le radici, ovvero riconosce, rispetta e valorizza le forze identitarie d'Europa, le sue etnie autentiche, che nulla hanno a che vedere con gli Stati nazionali, spesso formazioni burocratiche recenti e talvolta forzate o fasulle rispetto alla verità storica. Dimostrazione ne è proprio il fatto che nel 1957 gli Stai europei erano solamente 33, mentre oggi siamo a 45. Un processo di frammentazione che peraltro non appare affatto esaurito, ma anche un anelito di libertà che ha pervaso l'intero Continente. Intraprendere questo cammino potrà ridare speranza ai Popoli europei e rafforzare l'Europa, che proprio dalle sue reali identità trarrà forza per una coesione politica generalmente percepita e intimamente condivisa.

 

Questa la proposta di riflessione, convinti di essere tutti legati da un medesimo destino, che prescinde gli attuali schieramenti, appartenenze, governi e monete, e dove sempre più svolgono invece un rilevante ruolo di coesione ed armonizzazione economica e politica le macro-aree, macro-regioni, euro-regioni e regioni marginali o di confine, come il Friuli Venezia Giulia. I  meeting dell'Associazione hanno sempre rivolto a questi straordinari "laboratori europei" la massima considerazione, dedicando loro, in sintonia con la C.E.I., ogni possibile sostegno coinvolgendo istituzioni e diplomazie di tutti quei Paesi già presenti gli scorsi anni, con una particolare attenzione ai Paesi non EU ed all'Europa danubiano-balcanica, a cui tradizionalmente si rivolge con forum annuali.

Quest'anno è stata anche avviata la collaborazione con l'Università degli Studi di Udine per offrire agli studenti l'opportunità di contribuire al disegno del loro futuro europeo e rendere questo laboratorio internazionale sempre più concreto e creativo.