TEMA: CAMBIAMENTI CLIMATICI IN FVG
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- Pubblicato Giovedì, 26 Febbraio 2015 17:20
INTERCLUB CON AQULEIA - CERVIGNANO - PALMANOVA
I CAMBIAMENTI CI SONO: SINTESI DELLE EVIDENZE E PROSPETTIVE (ARPA-OSMER)
Il dott. Stefano Micheletti, direttore dell’OSMER FVG, ha reso comprensibili i trend meteorologici nel corso di un interessante interclub. Laurea in Fisica all’Università degli Studi di Milano nel 1987 (tesi la modellizzazione tridimensionale del campo del vento su terreni ad orografia complessa); ufficiale di complemento del Genio aeronautico presso il 1° Centro Meteorologico Regionale di Milano-Linate, affiancato ai meteorologi previsori in turno nella sala operativa
con competenza tutta l’Italia settentrionale. Dal 1989 con l’ incarico quale fisico dell’atmosfera presso l’ERSA del FVG, all’epoca impegnato nel programma italo-sloveno di difesa attiva dalla grandine con la costituzione di un centro di ricerca e l’installazione di un radar meteorologico, e la parallela istituzione del servizio agrometeorologico regionale. La storia della sua attività professionale corrisponde in pratica allo sviluppo dei servizi meteo regionali.
Nel 1991 si avviano le previsioni meteorologiche regionali ed entra in funzione la nuova rete di stazioni meteorologiche. Stefano Micheletti, che ne era stato uno dei promotori, ne diviene coordinatore. Nel 1994 istituzione del Centro Servizi Agrometeorologici per il Friuli-Venezia Giulia (CSA) del quale diviene direttore nel 1995. Le attività svolte spaziano dalle ricerche di fisica dell’atmosfera alle reti di rilevamento, dalle previsioni meteo all’assistenza tecnica in agricoltura.
Dal 2000 le attività meteorologiche del CSA sono state trasferite all’ARPA del Friuli V.G. (Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente), andando a costituire l’OSMER – Osservatorio Meteorologico Regionale, di cui Stefano Micheletti mantiene tuttora le funzioni di direttore. Oggi l’OSMER conta una ventina di dipendenti e continua ad elaborare le previsioni del tempo regionali, produrre mappe radar, effettuare studi e ricerche, elaborare i dati della rete di stazioni di rilevamento al suolo e pubblicare le informazioni su un sito web che conta centinaia di migliaia di visite l’anno. Dal 2014 l’Osmer è anche parte del Centro Funzionale di Protezione Civile della Regione Friuli Venezia Giulia, costituendone il Settore Meteorologico con il compito di effettuare il monitoraggio e la sorveglianza meteorologica del territorio regionale e di emettere quotidianamente il bollettino di vigilanza meteorologica, propedeutico, in casi di potenziale pericolo, all’emissione di un avviso meteorologico regionale, che rappresenta il primo anello della catena di allerta meteorologica.
Negli ultimi anni Stefano Micheletti è stato membro e Presidente di commissioni pubbliche d’esame e docente a contratto presso l’Università degli Studi di Udine; ha ricoperto ruoli organizzativi in diversi progetti europei riguardanti la meteorologia a scala interregionale.
La sua relazione è partita dalla constatazione che i cambiamenti climatici trovano conferma anche in Friuli Venezia Giulia. L’analisi delle temperature medie mensili nel periodo 1991-2013 evidenziano un rateo di riscaldamento pari a circa 1°C/50 anni. Questo aumento della temperatura si manifesta in misura diversa nelle varie stagioni e nelle varie zone climatiche della regione; è tuttavia possibile delineare quali tendenze comuni un forte riscaldamento primaverile ed estivo.
Più incerti trends significativi nell’andamento delle precipitazioni; tuttavia nel confronto tra il periodo 1961-1990 e il periodo 1991-2010, si osserva diminuzione delle precipitazioni 6 mesi dell’anno e viceversa un aumento da settembre a dicembre.
Il tema dei cambiamenti climatici viene spesso associato a quello degli estremi meteorologici che - apparentemente - sempre più spesso interessano un po’ tutto il pianeta. Solo per citarne alcuni, è ancora vivo nella gente il ricordo dell’alluvione in Sardegna a novembre 2013, di quelle dell’ottobre-novembre 2011 in Liguria, dell’uragano Katrina negli USA nel 2005 e del tifone Haiyan nelle Filippine a novembre 2013 … e cronaca recente sono le alluvioni a Genova e in altre zone del Nord-Italia, compreso il FVG, di poche settimane fa. Non ci sono solo gli episodi estremi, ma anche andamenti stagionali fuori norma: la caldissima estate 2003, la siccità del 2013 seguita dal piovosissimo e caldissimo inverno 2013-2014 … è tutta colpa dei cambiamenti climatici? In realtà, nel corso della storia eventi calamitosi legati a fenomeni atmosferici si sono verificati purtroppo con monotona e tragica frequenza e i cambiamenti climatici nella storia del nostro pianeta non sono un’eccezione, ma la normalità, per cause naturali che vanno dalla deriva dei continenti al vulcanismo, dalle variazioni astronomiche alla variabilità solare.
Le domande che ha senso porsi diventano due: se esista oggi una variazione significativa del clima del nostro pianeta rispetto al passato e, soprattutto, se sia diversa la “velocità” con cui questa si realizza; se esista e sia quantificabile l’azione dell’uomo nell’attuale processo di riscaldamento globale.
Il 5° Rapporto di Valutazione dell’IPCC (WGI AR5) del 2013 indica che in primo luogo la temperatura media globale superficiale è aumentata con un trend lineare di 0,85°C nel periodo 1880–2012; l’aumento totale è stato di 0.78°C dal 1850-1900 al 2003-2012 e di 0.12°C/decennio in 1951−2012; gli ultimi tre decenni sono stati i più caldi dal 1850 (Fig.1 , Fig.2) ; l’ultimo decennio è stato il più caldo. In secondo luogo, è vi è una probabilità al 95-100% che l’attività antropogenica sia la causa dominante del riscaldamento osservato fin dalla metà del XX secolo; in altre parole, la maggioranza dei climatologi ritiene che le forti anomalie registrate negli ultimi 30-50 anni non siano giustificabili dalla presenza delle sole forzanti di tipo naturale. LE forzanti non naturali – cioè antropiche – sono le emissioni di gas ad effetto serra, le emissioni di aerosol, la deforestazione e il cambio d’uso del suolo. Nel rapporto IPCC l’effetto antropogenico viene evidenziato mediante la stima del forzante radiativo: il forzante radiativo totale causato da attività antropogeniche è positivo ed è pari a 2.29W/m2 nel periodo 1750 – 2011, molto più grande di quello causato dalla attività solare nel medesimo periodo, pari a 0.05 W/m2. Fra i gas ad effetto serra, la CO2 è senz’altro quello più noto; la sua attuale concentrazione ha ormai raggiunto le 400 ppm (0.040 %), contro un valore pre-industriale di 280 ppm (0.028 %), con un aumento dunque del +40% ca., equivalente da solo ad un maggior “contributo solare ” di +1.7 W/m2. Va ricordato comunque che la CO2 non è il più efficace tra i gas serra, ma quello con maggior impatto, per la sua concentrazione relativamente alta.
Nella nostra regione, fra i primi dell’800 e i primi anni 2000, la temperatura media annua a Udine è aumentata complessivamente di 0,5 - 1,0 °C. Questa tendenza viene rafforzata dall’analisi delle temperature medie delle stazioni di Gorizia, Talmassons, Fossalon e Trieste nautico (dati dell’Ufficio Idrografico) per il periodo 1961- 2009, confrontate con le serie di 47 stazioni regionali (dati Regione FVG – Osmer) per il periodo 1991-2013 (Fig. 3). Il metodo di analisi dei dati utilizzato indicherebbe un riscaldamento di circa 1°C/50 anni, più alto rispetto a quello globale (0.8°C/100 anni); dal 2000 in poi sono scomparsi valori di temperatura media annua inferiori ai 13°C e comparsi dati superiori ai 14°C. L’aumento della temperatura si è manifestato in misura diversa nelle varie stagioni e nelle varie zone climatiche del nostro territorio; è tuttavia possibile delineare quali tendenze comuni un forte riscaldamento primaverile ed estivo (evidente anche nel numero di giorni con temperatura massima superiore a 30°C, in molte zone cresciuto da circa 35 giorni a circa 50 dopo il 2000), mentre in inverno solo alcune località si riscaldano (anche se ma non si può ignorare che i due inverni più caldi sono entrambi posteriori al 2000); in generale, invece, l’autunno manifesta una certa stabilità.
Indici termici correlati alla temperatura, come per esempio quello eliotermico di Huglin che descrive le disponibilità termiche per la coltura della vite, mostrano negli ultimi anni delle variazioni significative (Fig. 5)
Più incerta è, invece, l’individuazione di trends significativi nell’andamento delle precipitazioni in FVG: in generale le serie storiche bisecolari indicherebbero una certa diminuzione, da alcuni stimata anche del 10%, ma per certe località non appare un trend rilevante. Si nota una maggiore variabilità dopo il 2000, con il susseguirsi di annate, o stagioni (Fig. 6, Fig. 7) piuttosto siccitose e di altre molto piovose. Restringendo agli ultimi decenni, dal confronto tra la pioggia media mensile registrata nel periodo 1961-1990 e quella registrata nel periodo 1991-2010 (Fig. 8), si osserva diminuzione delle precipitazioni mensili nei primi 6 mesi dell’anno e viceversa un aumento da settembre a dicembre, il che significherebbe che è in atto una ridistribuzione delle piogge per intensità e frequenza, cioè una variazione dei regimi pluviometrici. Ciò viene evidenziato anche da un confronto fra i totali di precipitazione, il numero dei giorni di pioggia, l’intensità media giornaliera e il massimo periodo con piogge inferiori a 10 e 20 mm rispettivamente negli ultimi decenni per tre località del FVG (una nella zona di costa, una in pianura e una in montagna).
Infine, circa le prospettive, vengono ripresi i risultati del IPCC che mostrano che, al di là degli scenari di sviluppo o di forzante equivalente considerati, il pianeta nel suo complesso è destinato a subire un ulteriore consistente riscaldamento e una diminuzione delle precipitazioni alle basse latitudini, mentre alle alte latitudini si avrà un loro aumento. Cercando di dettagliare e di desumere le prospettive per il FVG, si conferma anche per noi a fine secolo un forte aumento della temperatura, che - come già appare dalle avvisaglie - sarà più pronunciato nella stagione estiva, mentre le precipitazioni subiranno una diminuzione complessiva, specie nel periodo estivo; viceversa, nel periodo invernale potrebbero mostrare anche un leggero aumento.
Rispetto a questi cambiamenti, il nostro territorio mostra – secondo le stime attuali – livelli abbastanza elevati di vulnerabilità; gli impatti saranno quindi piuttosto sensibili in molti settori (dall’agricoltura al turismo, …) e richiederanno significative misure di adattamento.
