L’ARTISTA GIANNI DI LENA OSPITE DEL CLUB
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- Pubblicato Venerdì, 22 Maggio 2015 19:38
PRESENTAZIONE DELLA VIA CRUCIS DONO, DEL CLUB ALLA CHIESA DI LIGNANO SABBIADORO
Gianni Di Lena, ha conseguito la Maturità d’arte applicata nell’ISTITUTO STATALE D’ARTE di Udine nel 1975. Si è poi laureato a Padova in Farmacia per poi ottenere il Diploma di Restauratore nel Centro di Catalogazione e restauro di Passariano – Villa Manin nel 1989.
Abita a Lauzacco, ha lavorato come restauratore e collabora, come illustratore, con alcuni periodici.
La sua produzione comprende disegni ed acquerelli per libri, ha partecipato a concorsi estemporanei di pittura e numerose mostre ed esposizioni di tema religioso. È un artista che unisce alla modestia ed una profonda cultura vera passione per l’arte e che sa esprimersi in modi e temi molto diversi tra loro.
L’illustrazione che ha fatto e che riportiamo qui di seguito integralmente
ci consentirà di apprezzare pienamente, oltre all’estetica, i valori racchiusi nei pannelli della Via Crucis che ha dipinto e che il nostro club dona alla chiesa di San Giovanni Bosco a Lignano Sabbiadoro. Graditissimo ospite della serata anche don Angelo Fabris.
Le “STAZIONI” sono eseguite con tecniche miste, ma è prevalente
la pittura a tempera all’uovo, su tavole di pioppo (rettangolari con base di cm 80 x 40 d’altezza e due sagomate con stessa larghezza ma più alte: 120 e140 centimetri) preparate a “gesso e colla” con inclusioni e tarsie di altre essenze lignee e juta, questa lasciata al naturale con le fibre disposte in senso verticale (ad evocare il divino) o tinta di colore violetto (a richiamare l’umano). Campiture di verde glauco o smeraldino suggeriscono la presenza di dolore. La tinta sanguigna il credere. I numeri romani progressivi sono elementi universalmente riconosciuti e classici delle Vie della croce, ne indicano la sequenza e in questo caso permettono di raccordare quadri fra loro eterogenei per figura e dimensioni .
Alcune tavole descrivendo la scena o l’azione sono risolte in maniera rapida, come in movimento. Possiamo definire ”dinamiche” le tavole II (Gesù è caricato della croce), la III, la VII e la IX (Gesù cade la prima, la seconda e la terza volta) . Nella tavola XI (Gesù è inchiodato alla croce) le mani e i piedi raffigurati sono correlati al crocifisso dell’altar maggiore.
Nelle altre tabelle, più “lente-meditative” vanno evidenziate alcune particolarità:
I - Gesù è condannato a morte . Alcune mani inviano alla croce (tarsia lignea su fondo oro), tre sono appena abbozzate e rappresentano i processi sommari (Sinedrio; Pilato; Erode Antipa; lo stesso popolo di Gerusalemme). Una quarta mano sinistra meglio definita simboleggia l’umanità peccatrice che continuamente inchioda il Cristo in croce. Sul retro di questa tavola è trascritto un pensiero del Card. Gianfranco Ravasi (da I VANGELI DELLA PASSIONE-2004 –testo principale di riferimento per la redazione di questa Via Crucis): ”Ad essere coerenti con la loro fede i cristiani dovrebbero autoaccusarsi e considerarsi implicati e responsabili in quella condanna perché, secondo la fede, quell’evento innerva tutta la storia, e tutta l’umanità è coinvolta attraverso il peccato nella morte di Cristo”. Attraverso la croce piantata negli inferi l’umanità (il teschio d’Adamo) sarà salvata. Di Pilato viene raffigurata la lavanda delle mani. E’ pure citata la più antica scena conosciuta di questo episodio presa dal sarcofago di Giunio Basso (IV secolo –Vaticano). La postura di Gesù in catene, lo sguardo che va oltre, esprimono l’abbandono fiducioso al Padre.
IV- Gesù incontra la madre. La profezia di Simeone a Maria:”E anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Luca 2,35 )si realizza. Da quanto sappiamo, Gesù stesso pare piuttosto brusco con la madre: ”Donna, che cosa ho da fare con te? …“ (Giovanni 2,4).Ma in questo episodio, non riferito dai vangeli, si immagina una tenerezza estrema del Figlio: i rivoli di sangue, le spine vengono allontanate, il male buttato alle spalle, il dolore vinto per l’intimo colloquio.
V- Gesù è aiutato dal Cireneo. L’angheria romana sul “tale che passava, un certo Simone di Cirene” al ritorno dai campi, costretto a portare la croce è ricordata dalla manaccia in primo piano. Il Cireneo è il primo uomo a portare la croce al seguito di Cristo, per certo è padre di Alessandro e Rufo, notabili della prima Chiesa. Qui lo immaginiamo, già stanco e arso dal sole, illuminarsi e aprirsi alla corrispondenza col Nazareno. Il peso del legno è mitigato dall’aiuto divino (la mano tratteggiata oltre il capo coronato di spine).
VI- La Veronica asciuga il volto di Gesù. Sudore e sangue. Sul telo si compone il volto di Gesù. Il vero volto di Gesù: “VERA ICONA”. La presenza femminile ci ricorda che” Dio è anche MADRE” …
VIII- Gesù incontra le donne di Gerusalemme. Si fa riferimento alla pagina di Luca (23,27-31) dove è evocata la mini parabola del legno: “… Perché, se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?”.
X- Gesù è spogliato delle vesti. La mano che porge da bere (il contenuto del recipiente è realmente mirra, gommoresina sciolta in vino- usata come anestetico ) è la quinta per la figura del condannato traforata dal segno dei flagelli e con i lineamenti ridotti al minimo perché spogliato anche della luce. Lo sfondo riproduce la texture delle vesti strappate in quattro parti, come ricorda Giovanni 19,23-24, e la tunica indivisa “tirata a sorte” ( dadi da gioco).
XII- Gesù muore sulla croce . La tavola è sagomata ed il fondo imita la materia bronzea del Cristo del presbiterio. Ai lati della croce il sole e la luna sono i “testimoni cosmici” dell’evento salvifico. Con la morte il corpo si “svuota” e acquista una luce citrina. La Sua vita si è trasferita nella Chiesa che nasce: dal costato il sangue colando disegna le figure di Maria e Giovanni. Dopo le “parole di consegna” avute da Gesù , Essi ” meditando in cuor loro “ muovono i primi passi sulla nuova via.
XIII- Gesù è deposto dalla croce. Il corpo nel lenzuolo funerario portato da Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea è offerto alla pietà della Madre (“Vesperbild”).Sullo sfondo le donne presenti sul Golgota e le croci dove ”il corpo del Ladrone pentito non c’è più e il corpo di quello che era stato crocifisso alla sua destra è simile a un drago” (dall’apocrifo – Narrazione di Giuseppe d’Arimatea). Maria di Magdala e Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, osservano il luogo del sepolcro.
XIV-. Gesù è posto nel sepolcro. Avvolto nel telo sindonico, fasciato dalle bende, il corpo è posato sul banco. Oltre la pietra che sigilla la tomba si vedono le figure credenti di Maria e Giovanni. Le lance dei soldati posti a guardia formano il monogramma costantiniano di Cristo, il “CHI -RO”.
XV- Gesù risorge da morte. Questa tavola sagomata, più grande delle altre stazioni, evidenzia la figura della Maddalena … Dall’equivoco, poi corretto dalla Chiesa, con l’altra Maria che profuma di nardo i piedi di Gesù, deriva l’attributo del vaso d’alabastro, vaso mantenuto in questa raffigurazione, ma fatto di verde malachite (per connotarlo di quella componente dolorosa che si diceva più su). Maria di Magdala è al sepolcro per ungere il Signore, è figura nel lutto e nel pianto (mano sulla guancia), ma riconosce il Maestro quando si sente chiamata per nome! Gioia trasfigurante: la figura prima livida e oscura, incerta, diventa progressivamente luminosa e sanguigna. Anche i capelli (altro attributo della Santa), svelati, raccontano questo passaggio. “Maria, la prima testimone della risurrezione, è l’emblema del perfetto fedele che ascende per scale di luce fino alla pienezza della visione e dell’amore spirituale.” La sequenza del giorno di Pasqua (Victimae paschali) idealmente accompagna la raffigurazione: ”Dic nobis … Raccontaci, Maria, che cosa hai visto sulla strada? …” Ecco il sudario, le vesti, la sindone e le bende intrise di mirra che si coagula in grani attorno al numero XV. Ecco gli angeli, testimoni, di bianco vestiti … “E’ risorto il Cristo, mia speranza!”. Il Risorto qui si identifica con la “croce gloriosa” che conserva i segni della passione (i buchi dei chiodi e l’alone del sangue diffuso), con il polso forato che si offre alla incredulità di Tommaso, con i segni eucaristici della spiga e dell’uva (i discepoli di Emmaus lo “ riconoscono” dallo “spezzare il pane” ). Maria è incaricata di annunciare la fede cristiana: “Va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Destinatari dell’impegno missionario, che ha la sua radice nella risurrezione del Signore, sono innanzitutto gli apostoli. I semi, i fiori, i frutti, le plantule di melagrana (risurrezione e fecondità) simboleggiano questo mandato che chiude il vangelo di Matteo (cap. 28, 19-20 “Andate dunque …. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo”. Lo Spirito Santo (sigillo con la colomba) è sopra ogni cosa e tutto muove …
Numerose e variamente ricordate sono le apparizioni del Risorto. Ma il termine “apparizione”, per dirla con Ravasi, “acquista un sapore spettrale! Forse il vocabolario più pertinente sarebbe quello dell’incontro tra il Cristo risorto e la sua Chiesa. Gesù stesso invita ad un riconoscimento “fisico”: “Metti qua il tuo dito e guarda …” “Avete qualcosa da mangiare ?” Ma gli stessi intimi non lo riconoscono subito, hanno bisogno di verifiche! Per avere il “riconoscimento” del Cristo risorto è necessario avere un “canale” di conoscenza e di comprensione superiore, quello della fede.L’esperienza dell’incontro è dunque aperta a tutti coloro che crederanno.
Come molti e diversi sono gli “incontri” col Signore risorto, molti e tutti diversi sono i volti di Cristo proposti su queste tavole della Via Crucis … Come ognuno di noi ha una sua idea dell’aspetto di Gesù, ognuno di noi sa individuarlo nelle varie raffigurazioni. Anche se Isaia (53,2) ci dice che “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi“ ( e in tal senso la modesta capacità pittorica aiuta!) si è cercato di dare fisionomie normali, comunemente accettabili, secondo le precise indicazioni pervenute dalla Commissione di Arte Sacra dell’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Udine. Con la speranza di non aver offeso la sensibilità altrui, l’augurio di poter “riconoscerlo” come e quando ci sarà occasione d’incontro: MOSTRACI IL TUO VOLTO E NOI SAREMO SALVI
